L’imprenditore Elvio Silvagni di Silver1, che opera con il marchio di scarpe, chiede a Bruxelles di tutelare la manifattura dalle produzioni low cost.
Ha scelto il claim «Sveglia Europa» per invitare le istituzioni di Bruxelles a sostenere l’industria e in particolare la manifattura legata alla moda, che è alle prese con una fase di forte criticità.
Ora Elvio Silvagni, imprenditore a capo della Silver1 di Fusignano (Ravenna), azienda che opera nel mercato con i marchi di proprietà Valleverde, Rafting goldstar e Biomodex, che nel 2024 ha ottenuto circa 30 milioni di ricavi, invita le istituzioni europee a seguire l’esempio di Donald Trump, applicando i dazi sulle merci in ingresso che provengono dai Paesi a basso costo: «Dove ci sono condizioni di lavoro e salari che sarebbero inaccettabili qui in Europa, incentivi alle esportazioni ed altre pratiche di vera concorrenza sleale che danneggiano le nostre aziende europee che realmente producono in Europa», dichiara l’imprenditore romagnolo. Il suo appello va dunque in direzione contraria rispetto a chi vedrebbe nei controdazi europei alle merci in ingresso dagli Usa una risposta alla mossa del presidente statunitense.
Semmai, l’idea di Silvagni è quella di «rafforzare» la decisione di Trump, che punta al riequilibrio della bilancia commerciale Usa, applicando un dazio aggiuntivo del 20% a tutte le merci che le aziende americane fanno arrivare in Europa, annullandolo del tutto nel caso in cui il prodotto esportato negli Usa sia made in Usa. Ciò significa che un capo di abbigliamento o un paio di scarpe dal marchio americano, ma di produzione asiatica, non godrebbe di questa esenzione da libero mercato. «Se la grande multinazionale americana di telefonini continua a farci arrivare gli smartphone dal Far East, sovradazio del 20%. Se ce li fa arrivare dagli Stati Uniti, nulla. E così via», rimarca Silvagni.
In questo modo, nella sua visione, le aziende europee e in particolare quelle italiane sarebbero parzialmente al riparo dalle conseguenze che derivano dai propri costi di lavorazione e dell’energia, che sono i più alti del mondo, ma anche dalla svalutazione del dollaro sull’euro, che determina un 10% di costi aggiuntivi nelle esportazioni in area dollaro. «I produttori europei sono fuori mercato. Noi riusciamo a resistere perché abbiamo un marchio, spendiamo in comunicazione, rinnoviamo le collezioni e perché il prodotto accessibile e legato alla moda comoda ci sta premiando.
Lo scorso anno c’è stato un lieve calo di fatturato, quest’anno teniamo i livelli del 2024 e forse chiuderemo in leggera crescita. L’azienda è sana, ma anche noi come gli altri abbiamo bisogno di crescere nei mercati consolidati. Per questo serve una strategia europea a supporto del manifatturiero e che sia fondata sulla protezione dalla concorrenza sleale e sull’alleggerimento del carico burocratico, che invece continua a peggiorare», ha concluso Silvagni.