«La concorrenza a basso costo aumenta, il settore è a rischio mentre il potere d’acquisto cala: va compensato il divario», dice Elvio Silvagni, proprietario del gruppo
Scarpa comoda ed eccellenza italiana sono le due caratteristiche che vuole trasmettere da sempre il marchio Valleverde, nato nel 1979 e acquistato nel maggio 2015 dal gruppo Silver 1 di Elvio Silvagni, dopo un anno e mezzo di gestione da parte del tribunale (a seguito del fallimento della precedente proprietà).
«Ho da sempre la passione per le calzature e ho cominciato così il mio percorso professionale — dice Silvagni, a capo del gruppo Silver 1 che possiede i marchi Valleverde, Rafting Goldstar e Biomodex —. Ho frequentato la scuola di modellista nel 1969, dopodiché ho iniziato a fare scarpe.
In questi dieci anni la crescita della nostra azienda è stata costante. Siamo partiti dall’Italia per poi affermarci negli ultimi anni anche sui mercati internazionali».
L’estero
Il fatturato dichiarato del 2024 è di 30 milioni di euro: «Per quest’anno l’azienda stima di mantenerlo, è sempre difficile fare previsioni», dichiara l’imprenditore. Nel futuro di Valleverde non c’è solo l’Europa, ma anche altre frontiere. Gli Emirati Arabi ad esempio, oltre ad altri mercati, anche se i conflitti internazionali in Ucraina e Israele non aiutano.
Con sede principale a Lugo di Romagna, l’azienda oltre a espandersi nel corso degli anni ha cambiato identità, anche per essere più competitiva.
«Inizialmente il nostro target di clientela, soprattutto in Europa, andava dai 45 anni in su — dice Silvagni —. Oggi le nostre scarpe vengono acquistate anche dai trentenni e sono diventate più di tendenza. Nel 2024 abbiamo registrato un calo nelle vendite in Italia rispetto al 2023. E in aumento la concorrenza da parte dell’Estremo Oriente».
Silvagni sottolinea come gli imprenditori italiani siano penalizzati dal costo elevato dell’energia. «Il mercato è sempre più competitivo — dice —. Ogni stagione dobbiamo produrre una nuova collezione e confrontarci con il resto del mondo. La Silver 1 ha resistito piuttosto bene adottando nuove soluzioni, innovazione e pubblicità, ma all’interno sistema è difficile il ciclo di produzione. La filiera è sotto pressione ed è a rischio. Se si prende un’azienda media del nostro settore, vedrà che non ha più i margini. Il segmento medio-alto è sempre più minacciato dalle produzioni asiatiche a basso costo».
Secondo il proprietario di Valleverde, una soluzione è «imporre dazi per compensare il divario del made in Far East, che costa il 30-40% in meno di ciò che viene prodotto in Europa. Quando la capacità di spesa diminuisce a causa della pressione inflazionistica e il consumatore vuole spendere meno, il prezzo diventa importante».
E quali sono le calzature più richieste oggi dalla clientela? «Anche se due anni fa ci eravamo illusi che ritornassero di moda la calzatura elegante, i tacchi, attualmente la priorità viene data ai viaggi e al tempo libero, motivo per cui le scarpe più acquistate sono le sneaker e quelle sportive — dice Silvagni —. Vendiamo in 1.500 negozi. Per noi un investimento è importante e il senza dubbio rappresentato dalla pubblicità dove spendiamo 1,7 milioni vale a dire quasi il 6% del nostro fatturato».
Valleverde ha una fabbrica in Italia con 60 dipendenti, una in Slovacchia dove lavorano in 120, un’altra in Romania con una quarantina di persone e infine una in Albania, in comproprietà, con 600 addetti. L’unico socio, dal 1979, è Gianfranco Bedeschi, con una quota di minoranza.
Un impatto sul settore viene anche dalle minacce dei dazi da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. «Con la decisione americana sui dazi l’era della globalizzazione è finita — dice il proprietario di Valleverde —. È ora che anche i vertici istituzionali europei, italiani compresi, intervengano per difendere i settori del manifatturiero in crisi. In Europa ci sono molteplici interessi economici, il governo italiano deve proteggere i nostri».
Le valute
Come molti imprenditori, anche Silvagni si augura che questa situazione d’incertezza finisca presto. «L’euro è troppo apprezzato — ritiene —. Per il dollaro è stato sufficiente che il presidente degli Usa presentasse una tabella dei dazi perché si generasse una svalutazione del 10%. Il dollaro rimane comunque la valuta di riferimento; le tigri asiatiche si sono subito adeguate. Per i prodotti europei sarà sempre più difficile competere: la nostra azienda vende le scarpe in Oman, a Dubai e nel Kuwait, che sono altri buoni mercati, ma la moneta di riferimento è il dollaro». Il progetto Sveglia Europa (che compare nella campagna pubblicitaria sotto forma di orologio) è nato per stimolare le istituzioni europee a dare risposte concrete a sostegno delle imprese.